domenica 14 ottobre 2012

Nelle società sussiste la legittimazione alla querela per reati societari anche del socio non danneggiato


Dibattuto è il tema della legitimazione attiva alla proposizione della querela nei reati societari.

La legge in merito all'art. 2625 comma II cod. civ. non pone alcun limite alla titolarità dei soci del diritto di presentare istanza punitiva, sulla base di una distinzione tra soci che abbiano subito un danno patrimoniale come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori e soci che abbiano subito un pregiudizio come mero riflesso dei danni recati al patrimonio sociale. In ogni caso, sono assolutamente conformi alle risultanze processuali e a una loro razionale interpretazione le valutazioni fattuali, compiute dalla corte di merito sulla sussistenza di un diretto danno patrimoniale, subito dai querelanti, sulla ricostruzione della negativa situazione patrimoniale della società, sugli effetti nocivi della mala gestio, imputabile con certezza al B. Quanto alla tempestività delle querele, la corte ha scandito con estrema precisione la stretta correlazione tra conoscenza dei fatti, da parte dei querelanti, e la data della presentazione della correlata istanza punitiva, per cui nessuna censura è configurabile sul rispetto del termine di legge. La corte di merito ha poi rilevato, con argomentazioni del tutto incensurabili in sede di giudizio di legittimità, che le sottoscrizioni disconosciute dal presidente del collegio sindacale, R.G. (relative alla relazione, ex art. 2429 c.c., al bilancio 2002 e al verbale di assemblea del 10.5.03) presentano una diversità, immediatamente percepibile, rispetto alle firme apposte in calce alle due querele presenti nel fascicolo del dibattimento. La falsità è stata comunque confermata dalle conclusioni della relazione del consulente tecnico del P.M. e dalle dichiarazioni rese dallo stesso all'udienza dibattimentale.
I giudici di merito hanno inoltre compiuto una precisa e circostanziata ricostruzione dell'attività ostruzionistica del B., diretta a impedire il controllo della gestione della società, il pretestuoso temporeggiamento nella consegna dei libri sociali ai consiglieri di amministrazione, la cattiva gestione delle risorse finanziarie rilevate dal consulente contabile, le forzature e le alterazione delle regole statutarie, la falsificazione del verbale dell'assemblea del 10.5.03.Le sentenze hanno quindi delineato una situazione di dissesto e di irregolarità, addebitabile-in virtù delle risultanze processuali - in maniera certa al B.,sotto il profilo aziendale, finanziario, contabile, giuridico e deontologico, situazione che evidenzia - al di là delle specifiche dimostrazioni delle singole trasgressioni - la responsabilità di quest'ultimo in ordine alla "necessitata " violazione dei doveri ex art. 2625 c.c., in quanto diretta a impedire e ad ostacolare lo svolgimento delle attività di controllo e revisione, all'esito delle quali, prevedibilmente, tanto dissesto e tanta illegalità sarebbero stati accertati e certificati.
ricorso va quindi rigettato, con condanna del B. al pagamento delle spese processuali.

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