Dibattuto è il tema della legitimazione attiva alla proposizione della querela nei reati societari.
La legge in merito all'art. 2625 comma II cod. civ. non pone alcun
limite alla titolarità dei soci del diritto di presentare istanza
punitiva, sulla base di una distinzione tra soci che abbiano subito un
danno patrimoniale come conseguenza immediata del comportamento degli
amministratori e soci che abbiano subito un pregiudizio come mero
riflesso dei danni recati al patrimonio sociale. In ogni caso, sono
assolutamente conformi alle risultanze processuali e a una loro
razionale interpretazione le valutazioni fattuali, compiute dalla corte
di merito sulla sussistenza di un diretto danno patrimoniale, subito dai
querelanti, sulla ricostruzione della negativa situazione patrimoniale
della società, sugli effetti nocivi della mala gestio, imputabile con
certezza al B. Quanto alla tempestività delle querele, la corte ha
scandito con estrema precisione la stretta correlazione tra conoscenza
dei fatti, da parte dei querelanti, e la data della presentazione della
correlata istanza punitiva, per cui nessuna censura è configurabile sul
rispetto del termine di legge. La corte di merito ha poi rilevato, con
argomentazioni del tutto incensurabili in sede di giudizio di
legittimità, che le sottoscrizioni disconosciute dal presidente del
collegio sindacale, R.G. (relative alla relazione, ex art. 2429 c.c., al
bilancio 2002 e al verbale di assemblea del 10.5.03) presentano una
diversità, immediatamente percepibile, rispetto alle firme apposte in
calce alle due querele presenti nel fascicolo del dibattimento. La
falsità è stata comunque confermata dalle conclusioni della relazione
del consulente tecnico del P.M. e dalle dichiarazioni rese dallo stesso
all'udienza dibattimentale.
I giudici di merito hanno inoltre compiuto
una precisa e circostanziata ricostruzione dell'attività ostruzionistica
del B., diretta a impedire il controllo della gestione della società,
il pretestuoso temporeggiamento nella consegna dei libri sociali ai
consiglieri di amministrazione, la cattiva gestione delle risorse
finanziarie rilevate dal consulente contabile, le forzature e le
alterazione delle regole statutarie, la falsificazione del verbale
dell'assemblea del 10.5.03.Le sentenze hanno quindi delineato una
situazione di dissesto e di irregolarità, addebitabile-in virtù delle
risultanze processuali - in maniera certa al B.,sotto il profilo
aziendale, finanziario, contabile, giuridico e deontologico, situazione
che evidenzia - al di là delle specifiche dimostrazioni delle singole
trasgressioni - la responsabilità di quest'ultimo in ordine alla
"necessitata " violazione dei doveri ex art. 2625 c.c., in quanto
diretta a impedire e ad ostacolare lo svolgimento delle attività di
controllo e revisione, all'esito delle quali, prevedibilmente, tanto
dissesto e tanta illegalità sarebbero stati accertati e certificati.
ricorso va quindi rigettato, con condanna del B. al pagamento delle spese processuali.
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