domenica 14 ottobre 2012

Professional malpractice - responsabilità professionale del medico ... al paziente basta fornire la prova del danno subito

Secondo la Suprema Corte in materia di responsabilità medica vanno applicati i principi dell'inadempimento contrattuale, ragione per cui al creditore (il paziente) è sufficiente dedurre in giudizio l'inadempimento della controparte (il medico) e provare il relativo danno (art. 1218 cod. civ.).
 
Pertanto, il paziente ha solo l’onere di dimostrare il mancato raggiungimento del risultato, mentre il medico dovrà provare la corretta esecuzione della prestazione.

Pertanto, secondo tale orientamento, che trova conforto anche in recenti pronunce delle Sezioni Unite, non incomberà sul paziente l’esistenza del nesso causale tra l’attività del sanitario e la patologia insorta.
Il danneggiato è infatti tenuto a provare il contratto e ad allegare la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza.

Al debitore, presunta la colpa, incombe l’onere di provare che l’inesattezza della prestazione dipende da causa a lui non imputabile, e cioè la prova del fatto impeditivo.

Tuttavia, sempre secondo la Corte di Cassazione' l’inadempimento del medico non può essere desunto ipso facto dal mancato risultato utile che si prefiggeva il paziente, ma l'esecuzione della prestazione deve essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, secondo i principi generali di cui agli artt. 1175, 1176, 1375 nonchè quelli propri dell'attività medica (che rientra tra i contratti d'opera ex art. 2222 cod. civ.).

In caso di insuccesso, dunque, incombe al medico dare la prova della particolare difficoltà della prestazione.

La difficoltà tecnica rileva invece solamente ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa riferibile al medico.

Ne consegue l'irrilevanza del nesso causale, in tale ambito, poiché in materia civile vige il principio della preponderanza dell’evidenza o del ‘id quod plerumque accidit’, mentre la prova del nesso condizionalistico - causale è propria del diritto penale.

La Corte di Cassazione dunque rafforza la tutela dei pazienti.

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