martedì 10 novembre 2015

MK&PARTNERS - Русскоязычный Адвокат в Италии - Il pvc redatto in sede di controllo fiscale non è un atto autonomamente impugnabile, non rientrando tra quelli espressamente previsti dall'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992

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Il P.V.C. (processo verbale di contestazione) è contemplato dal rinvio operato dall’articolo 52 del D.P.R. n. 633/1972, contenuto nel comma 1 dell’articolo 33 del D.P.R. n. 600/1973, in forza del quale l’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli uffici finanziari e dalla Guardia di Finanza, mediante indagini di polizia amministrativa, si deve concludere con la redazione di un processo verbale, da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente, o a chi lo rappresenta, e le risposte ricevute. 

Il P.V.C. riveste mera natura di atto pubblico, formato da chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, mediante il quale si attesta, o si descrive, un determinato comportamento o una determinata situazione, al fine di rendere possibile l’utilizzazione dell’atto medesimo come mezzo di prova. 


Si tratta, per l’effetto, di atto pubblico ex articolo 2699 ss cod. civ. e atto recettizio (che acquista cioè validità ed efficacia allorquando venga portato a conoscenza dei destinatari), al quale deve riconoscersi l’efficacia di piena prova, seppur con limiti ben precisi, fino a querela di falso.

Peraltro, il P.V.C. è  di foriero di importanti effetti e conseguenze di natura giuridica, che vanno ben oltre l’aspetto probatorio strictu sensu delle violazioni rilevate in sede di verifica e dei relativi addebiti. 

In ambito tributario, il processo verbale di constatazione è stato, infatti, man mano configurato dal legislatore come mezzo necessario ad attuare uno degli istituti deflattivi del contenzioso tributario, il processo di adesione ai verbali di constatazione in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto (art. 5 bis del D.lgs n. 218/1997) o, ancora, per segnalare agli uffici accertatori l’opportunità di procedere all’applicazione delle misure cautelari previste dai commi da 1 a 6 dell’art. 22 del D.lgs n. 472/1997, sulla base degli importi contenuti nei rilievi del processo verbale di constatazione.

Si può, pertanto, affermare che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate e i militari della Guardia di Finanza incaricati di eseguire controlli fiscali nella forma di accessi, ispezioni e verifiche, non concludono l’intervento ispettivo con l’atto tipico di un comune agente accertatore (di massima, organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro), ma piuttosto predispongono un atto conclusivo dell’attività ispettiva fiscale che, per la specialità della materia, non si può, invero, identificare, completamente in quello regolato dagli artt. 134 e seguenti del c.p.p.

Ne consegue che il processo verbale di constatazione redatto in sede di controllo fiscale non è un atto autonomamente impugnabile, perché non rientra tra quelli previsti dall'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992. 

Per stabilire quali atti siano impugnabili in via differita e quali, invece, non siano impugnabili in assoluto, il criterio da seguire è, infatti, quello tracciato per il processo amministrativo. 

Gli atti non nominati, se sono atti lesivi, non sono da impugnare immediatamente, ma con ricorso contro gli atti successivi, rispetto ai quali l’atto non impugnabile ha valore di atto presupposto o pregiudiziale. 

Ciò significa, in pratica, che il contribuente, ricevuto un atto non compreso tra quelli espressamente indicati come impugnabili autonomamente, deve attendere che gli venga notificato un atto autonomamente impugnabile, e proporre ricorso contro entrambi.




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