Secondo il Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. VI, 19/04/2011, n. 2422), il provvedimento sanzionatorio dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato emesso contro una società qualificata come operatore commerciale e coautore di messaggi pubblicitari ritenuti ingannevoli e pertanto integrativi della fattispecie sanzionatoria di cui agli artt. 20 e ss. del D.Lgs. n. 206 del 2005, risulta esente da censure nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza di un comportamento attivo da parte della predetta società nel momento in cui la stessa partecipi attivamente e volontariamente all'iniziativa al fine della sua riuscita sotto il profilo economico, anche attraverso la messa a disposizione dei propri segni distintivi ed altri assets aziendali, tali da consentire al pubblico di identificarla quale soggetto co-autore della campagna pubblicitaria contestata.
L'operatore commerciale, nella fattispecie un operatore telefonico, non può addurre a propria discolpa la circostanza per cui la controparte contrattuale, ovvero il content provider (agente pubblicitario), contravvenendo alla lettera ed allo spirito delle pattuizioni intercorse fra di loro, non avesse fornito informazioni tempestive e puntuali in ordine al contenuto effettivo delle campagne pubblicitarie oggetto di diffusione, in tal modo precludendo al committente la possibilità di operare un controllo effettivo sui richiamati contenuti.
A fronte di un'iniziale previsione di un pervasivo sistema di comunicazioni ed approvazioni preventive, del carattere di particolare qualificazione professionale dello stesso operatore commerciale, nonché dell'immediata co-interessenza economica nei risultati delle campagne pubblicitarie in questione, mediante il meccanismo di remunerazione cd. di revenue sharing, la società in parola era di certo tenuta a prevenire la realizzazione di condotte illecite attraverso gli strumenti tecnologici posti a disposizione delle proprie controparti negoziali.
Il Consiglio di Stato sembra quindi configurare un'ipotesi di responsabilità aggravata nei confronti dell'operatore commerciale, per omessa vigilanza sui contenuti delle campagne pubblicitarie effettuate dal content provider.
L'operatore commerciale, nella fattispecie un operatore telefonico, non può addurre a propria discolpa la circostanza per cui la controparte contrattuale, ovvero il content provider (agente pubblicitario), contravvenendo alla lettera ed allo spirito delle pattuizioni intercorse fra di loro, non avesse fornito informazioni tempestive e puntuali in ordine al contenuto effettivo delle campagne pubblicitarie oggetto di diffusione, in tal modo precludendo al committente la possibilità di operare un controllo effettivo sui richiamati contenuti.
A fronte di un'iniziale previsione di un pervasivo sistema di comunicazioni ed approvazioni preventive, del carattere di particolare qualificazione professionale dello stesso operatore commerciale, nonché dell'immediata co-interessenza economica nei risultati delle campagne pubblicitarie in questione, mediante il meccanismo di remunerazione cd. di revenue sharing, la società in parola era di certo tenuta a prevenire la realizzazione di condotte illecite attraverso gli strumenti tecnologici posti a disposizione delle proprie controparti negoziali.
Il Consiglio di Stato sembra quindi configurare un'ipotesi di responsabilità aggravata nei confronti dell'operatore commerciale, per omessa vigilanza sui contenuti delle campagne pubblicitarie effettuate dal content provider.
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