In materia di bancarotta di società di fatto,secondo la Suprema Corte (Sent. 7080/2011), mentre, sotto il profilo oggettivo, non è dubbio che l'amministratore di diritto risponde, unitamente all'amministratore di fatto, per non avere impedito l'evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire, dal punto di vista soggettivo, si richiede la generica consapevolezza, da parte del primo, che l'amministratore effettivo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa i beni sociali ovvero espone o riconosce passività inesistenti, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi nei quali l'azione dell'amministratore di fatto si è estrinsecata.
Tuttavia, tale consapevolezza non può essere semplicemente desunta dal fatto che il soggetto abbia acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore, dal momento che per affermare la responsabilità, anche con riguardo al profilo soggettivo, occorre raggiungere la prova che egli aveva la generica consapevolezza che l'amministratore effettivo distraeva, occultava, dissimulava, distruggeva o dissipava i beni sociali, esponeva o riconosceva passività inesistenti.
Ne consegue che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente, non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall'amministratore di fatto (Cass. Sez. 5^, 9 febbraio 2010, Succi, CED Cass., 247251).
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