Approvata l'ennesima riforma della giustizia. E' lecito domandarsi se velocizzerà davvero il processo civile o se si tratti dell'ennesimo intervento utile solo sulla carta e nelle previsioni del ministero.
C'è da premettere che le intenzioni del Legislatore sono buone e che sono stati effettivamente individuati i principi cardine su cui impostare una futura e più importante riforma, anche se lascia molto perplessi l'utilizzo della forma del decreto.
E' da apprezzare anche l'intervento, oltre che sulle norme processuali, anche sull'ordinamento giudiziario, in modo da razionalizzare e sfruttare al meglio le risorse del ministero.
Siamo in periodo di crisi e va riconosciuto ai magistrati ed a tutto il personale amministrativo un grandissimo lavoro per ovviare alle carenze, gravi, che da anni attanagliano gli uffici.
Entrando nel merito degli interventi e tralasciando in questa sede gli aspetti relativi alle modifiche all'ordinamento giudiziario, in primo luogo il decreto detta misure sulla ragionevole durata del ricorso per Cassazione, riformando in particolare l’art. 375 c.p.c.
D'ora in poi, le sezioni semplici della Corte decideranno in Camera di Consiglio, senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti, salvo che la trattazione in pubblica udienza sia resa opportuna dalla particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale deve pronunciare, ovvero il ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’articolo 376 c.p.c. in esito alla Camera di Consiglio che non ha definito il giudizio.
La riforma investe anche il procedimento in Camera di Consiglio, prevedendo che sia il Presidente a fissare con decreto l’adunanza della Corte. Sarà suo compito anche indicare se è stata ravvisata un’ipotesi d’inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso, così come di notificare agli avvocati delle parti, almeno 20 giorni prima della data stabilita, il decreto con facoltà di presentare memorie, non oltre 5 giorni prima.
Numerose sono anche le modifiche al processo di primo grado, con l'abolizione - storica - della citazione in giudizio.
La causa si introduce con ricorso, che dovrà contenere, a pena di decadenza, anche le istanze istruttorie. Anche la comparsa di costituzione del convenuto, che dovrà costituirsi 10 giorni prima dell'udienza fissata dal giudice, dovrà contenere oltre alle difese anche le istanze istruttorie.
Il Giudice deciderà sulle prove, come nel rito del lavoro, alla prima udienza, facendo di fatto andare nel dimenticatoio le memorie ex art. 183 comma VI c.p.c.
Per ovviare alle lungaggini dell'escussione dei testimoni, sarà permesso, nuovamente, all’avvocato di produrre le dichiarazioni testimoniali di terzi capaci di testimoniare previa identificazione da parte dell'avvocato che ne attesta l’autenticità.
Dulcis in fundo, a norma dell'art. 281 sexies c.p.c., prima scarsamente usato ed ora, nella logica del Legislatore, destinatario di un forte rilancio, il giudice, dopo che le parti avranno precisato le conclusioni, potrà ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, all’udienza successiva, pronunciando, al termine, la sentenza.
A decorrere dalla pronuncia in udienza ovvero, se anteriore, dalla comunicazione o dalla notificazione, il termine per l'impugnazione sarà di soli 30 giorni.
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