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domenica 19 gennaio 2014

MK&PARTNERS Адвокат в Италии: Alimenti surgelati al ristorante? La mancata indicazione integra il reato di frode in commercio consumata o tentata

MK&PARTNERS Адвокат в Италии

Quante volte, anche in un bel ristorantino romantico in riva al mare, ordinando una succulenta grigliata mista, Vi sarete chiesti se il pesce ordinato era stato appena pescato oppure arrivava direttamente dal banco surgelati.

Ad insinuare il dubbio, quella postilla contenuta in fondo al menù, a caratteri microscopici, che in 9 casi su 10 recita più o meno così: ad esaurimento del prodotto fresco alcuni piatti saranno a base di surgelati.

Questa postilla potrebbe costare molto cara al ristoratore e non parlo della Vostra comprensibilissima delusione, ma di una vera e propria responsabilità penale del ristoratore, addirittura per il reato di frode in commercio.

Ed, infatti, risponde penalmente per frode in commercio il ristoratore che non indica espressamente nel menù gli alimenti congelati utilizzati in cucina. 

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 44643/2013, Sentenza che, peraltro, ribadisce un principio già consacrato in numerose precedenti pronunce.

Sul banco degli imputati è finito un ristoratore accusato di compiere atti idonei univocamente diretti a consegnare agli acquirenti cibi congelati, benché detta qualità non fosse indicata nella lista. 

Per la giurisprudenza, l’inserimento degli alimenti congelati nel menù, senza la menzione del fatto che si tratti di surgelati, costituisce un’offerta al pubblico, in quanto tale non revocabile, con la conseguente idoneità della stessa a determinare il conseguimento del risultato illecito (vendita di prodotti surgelati, senza la relativa menzione).

Anche la mera disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menù, nelle cucina di un ristorante, configura il tentativo di frode in commercio.

Ne consegue che la mancata indicazione nel menù della qualità degli alimenti surgelati o congelati è di fondamentale importanza, perché esclude la configurabilità del reato, consumato o tentato che sia.

Infatti, il nostro ristoratore risponderà del reato tentato fintanto che avrà nella propria immediata disponibilità l'alimento surgelato, mentre il reato sarà consumato nel momento in cui sarà consumato anche il pasto, e cioè quando il surgelato verrà effettivamente cucinato e somministrato all'avventore.

E' una sentenza, quella in esame, molto positiva, in quanto realizza una effettiva tutela del consumatore e porta avanti le prescrizioni normative in materia di tracciabilità degli alimenti e sicurezza alimentare (sul punto vedasi anche l'intervento dell'Avv. Renato Musella al Global Grain Forum di Sochi del 2013).

Esiste una nutritissima legislazione in materia di sicurezza alimentare, primariamente di fonte comunitaria, il cui fine è proprio quello di assicurare la scelta consapevole del cliente finale.

Siamo quello che mangiamo, diceva Feuerbach, e dobbiamo sapere esattamente cosa ci viene servito sulla nostra tavola. 

La scelta tra cibi freschi e cibi surgelati, magari trattati con sostanze che preservino maggiormente colori e sapori, come i solfiti, è di fondamentale importanza e determinante nella scelta dei cibi da consumare (e anche del ristorante), scelta che viene mortificata per l'altrui decisione di servire cibi surgelati, senza una opportuna informativa della clientela.

Fate molta attenzione, quindi, cari amici ristoratori e cercate di informare in modo trasparente la clientela, perché la cena a base di prodotti non freschi potrebbe esservi davvero indigesta. 

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MK&PARTNERS Адвокат в Италии: ЕСПЧ опять обвинил Италию - фамилия отца не может иметь приоритет надматеринской

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Европейский суд по правам человека с решении н. 77/07, указал на проявление дискриминации по отношению к женщине в Италии и призывал Республику равняться на европейские стандарты, меняя свои внутренние законодательные устои.

Страсбурский суд рассматривал жалобу итальянских родителей, которые в 1999 г. захотели дать новорожденному ребенку материнскую фамилию, но получили отказ. В Италии добавить фамилию матери можно лишь «в довесок» к отцовской и пройдя длительный бюрократический процесс.

Во-первых, на смену или добавление фамилии необходимо иметь аргументированные причины. Во-вторых, необходимо получить в префектуре разрешение на такую процедуру. В-третьих, весь бюрократический процесс длится около года. А вот присвоение отцовской фамилии происходит значительно проще и быстрее!

ЕСПЧ пришел к выводу, что старая система совершенно несовместима с принципами равенства. Европейский суд потребовал провести реформу итальянского законодательства и устранить разного вида «недостатки». Европа дала Италии три месяца, чтобы обжаловать решение Страсбургского суда, после чего решение станет окончательным.

По всей вероятности, Италия признает свое поражение, поскольку уже сегодня, 10 января, этот вопрос будет стоять на повестке дня заседания Совета министров, и, скорее всего, законопроект «О присвоении фамилии ребенку», представленный вчера в Сенате, будет одобрен.

Ранее уже были внесены подобные поправки в Гражданский кодекс Италии. Так, статья 143 bis ГК позволяет женщине к своей (девичьей) фамилии добавлять фамилию мужа и «сохранять ее во время вдовства и до заключения повторного брака», а согласно новой поправке к статье 315 bis ГК, вступающей в силу 7 февраля 2014 г., ребенок сможет иметь фамилии обоих родителей.

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MK&PARTNERS Адвокат в Италии: La testa di legno tira un sospiro di sollievo - per i reati societari e tributari risponde l'amministratore di fatto

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La testa di legno ... quante volte l'abbiamo sentita nominare e, purtroppo, non solo nelle favole di Collodi, ma in finanza ed economia.

La testa di legno, giuridicamente parlando, è quel misterioso personaggio, che fa da parafulmine all'imprenditore poco trasparente, assumendosi tutte le responsabilità del dissesto e della mala gestio della società, perché - tanto - non ha nulla da perdere.

Diciamo che, quella del prestanome kamikaze, è una peculiarità tutta italiana. 

Le maglie larghe della giustizia italiana sono fatte per ospitare le condotte border line nei più disparati ambiti.

In aiuto della nostra testa di legno è, però, accorso il Tribunale di Milano, con la sentenza 11706/2013.

Secondo i giudici meneghini, non risponde dei reati tributari la testa di legno, quando sia stata  verificata la sua totale estraneità rispetto all'attività gestoria della società, di cui era formalmente legale rappresentante.

La storia del nostro testa di legno ha inizio da un routinario controllo fiscale, nel corso del quale viene scoperto un meccanismo fraudolento volto all'evasione dell'Iva. 

Per capirci, una delle classiche frodi carosello. La società italiana acquistava beni da società estera, in regime di esenzione Iva, beni poi rivenduti con l'applicazione dell'Iva, senza versare le imposte al fisco e senza la dichiarazione dei redditi.

Naturalmente indagini e procedimento sono stati rivolti contro il legale rappresentante formale della società (testa di legno), il quale, come noto ha l'arduo compito di predisporre i bilanci, redigere le scritture contabili ed effettuare le dichiarazioni di legge al fisco, assumendosi, in mancanza di deleghe di funzione,  la responsabilità della relativa veridicità.

Ebbene, il Tribunale di Milano ha deciso che, per l'omesso versamento dell'Iva, per l'omessa dichiarazione dei redditi e per l'occultamento delle scritture contabili, il nostro testa di legno non possa avere alcuna responsabilità.

Infatti, data per scontata la sussistenza dei reati sotto il profilo oggettivo, la sussistenza dei medesimi reati è stata esclusa per la totale mancanza dell'elemento soggettivo, ovvero della sussistenza in capo al legale rappresentante della volontà colpevole di evadere le imposte. 

E ciò proprio perchè il legale rappresentante era solo una povera testa di legno indifesa, id est un soggetto avente soltanto un ruolo formale, ma senza alcun coinvolgimento concreto nella vita della società.

Il Tribunale di Milano ha imperniato la propria decisione sulla disciplina del riparto di responsabilità tra l'amministratore formale e l'amministratore di fatto, concludendo che il prestanome non debba rispondere, neppure per non avere impedito l'evento criminoso, essendo lo stesso totalmente estraneo alla sua sfera di gestione ed imputabile univocamente all'amministratore di fatto. 

Dopotutto, già la Corte di Cassazione, con Sentenza n. 23425/2011, aveva stabilito che l'elemento soggettivo del reato ha un contenuto che deve essere correlato alla concreta situazione in cui il prestanome opera.

Nella fattispecie in esame, era evidente che la testa di legno fosse estranea ai fatti, visto che la società da tempo, e prima del suo arrivo, era entrata in un meccanismo fraudolento già avviato e ben oleato.

All'interno di tale meccanismo, la testa di legno non aveva alcun potere e non poteva, per l'effetto, essere consapevole del significato della sua scelta come soggetto responsabile della società.

Il Tribunale di Milano ha, quindi, reciso con decisione il velo di Maya dei reati tributari, superando la classica teoria formalistica, che identifica l'autore del reato con la figura formalmente investita della legale rappresentanza della società.

Uniformandosi ai principi espressi dalla Corte di Cassazione, con Sentenza n. 23425/2011 e n. 33385/2012, il Tribunale di Milano, in consacrazione anche del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, ha finalmente sancito che il soggetto tenuto a rispondere dei reati tributari è chi ha concretamente il potere gestorio, ossia l'amministratore di fatto.

Una sentenza importante che consente di guardare con fiducia alla futura evoluzione giurisprudenziale in tanti ambiti del diritto penale.

Infatti, nella realtà socio-giuridica italiana è consuetudine fare ricorso alle teste di legno, vale a dire persone in stato di bisogno o debolezza, senza nulla da perdere, per le più svariate e losche ragioni. 

I veri responsabili sono stati avvisati.

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sabato 18 gennaio 2014

MK&PARTNERS Адвокат в Италии: La Composizione della crisi da sovraindebitamento: una sorta di "fallimento all'americana", con cui famiglie, piccoli imprenditori e professionisti possono liberarsi dei propri debiti e ripartire

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Per venire incontro a famiglie, imprese e professionisti in tempi di crisi, il Legislatore, con la Legge n. 3/2012, come modificata dal D.lgs. 179/2012, ha introdotto una procedura, di cui pochi sono a conoscenza, ma di fondamentale importanza, vale a dire la composizione della crisi da sovraindebitamento.


Si tratta di una sorta di "fallimento all'americana", con cui famiglie, piccoli imprenditori e professionisti possono liberarsi dei propri debiti e ripartire.

Qual'è il vantaggio introdotto da tale normativa? In breve, di mettere al riparo il debitore dalle azioni esecutive individuali dei creditori. 

In questo modo, si realizza una tutela della par condicio creditoris, da un lato, e, dall'altro lato, il debitore, comunque, può tutelare il proprio patrimonio, mediante un accordo transattivo, sotto il controllo del Tribunale Civile, al fine di estinguere i debiti pregressi.
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In particolare, la normativa in esame, a seconda della tipologia di debitore richiedente, ha introdotto tre distinte procedure di estinzione dei debiti, vale a dire:
a) l'accordo di ristrutturazione per piccoli imprenditori e professionisti;
b) il piano del consumatore;
c) la liquidazione del patrimonio; procedura quest'ultima esperibile da consumatori ed imprenditori, in alternativa all'accordo di ristrutturazione ed al piano del consumatore.

Naturalmente, i destinatari dell'accordo di ristrutturazione saranno imprenditori o soggetti professionali, che non siano assoggettabili alle procedure concorsuali ordinarie (piccoli imprenditori, lavoratori autonomi; enti non commerciali; imprenditori agricoli; start-up innovative), mentre il piano del consumatore sarà destinato alle famiglie indebitate.

Il minimo comune denomitatore per poter accedere alle procedure in esame è il trovarsi in uno stato di difficoltà economica, che determini una cronica incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni.

La procedura prevista per l'accordo di ristrutturazione e per il piano del consumatore è analoga a quella dettata per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F. 

Su ricorso del debitore, il Tribunale dispone l'adunanza dei creditori. Se la proposta viene accettata almeno dal 60% dei creditori, il Tribunale, entro 6 mesi dal deposito della domanda, omologherà l’accordo, decretando la sospensione delle azioni individuali dei creditori, sino alla completa esecuzione dell'accordo.

Solo nel caso del piano del consumatore indebitato, il Tribunale, ricorrendone i presupposti, potrà sospendere fino all’udienza di omologazione le procedure esecutive individuali che possano pregiudicarne la fattibilità. 

Peraltro, sempre nel caso dei consumatori, il piano potrà essere omologato solo se il Tribunale potrà accertare che il consumatore abbia a suo tempo assunto obbligazioni in maniera responsabile e con la prospettiva di poterle adempiere.

Insomma, chi ha fatto un eccessivo ricorso al credito, sproporzionato rispetto alle proprie capacità patrimoniali, non potrà accedere a questo vataggioso procedimento.

La liquidazione del patrimonio ha, invece, caratteristiche similari alla procedura fallimentare. Sarà nominato un organo che provvederà alla vendita del patrimonio del debitore, con la specificazione che non possono essere utilizzati, per il pagamento dei debiti, i crediti del debitore aventi carattere alimentare ed i redditi che il debitore tragga dalla propria attività nei limiti di quanto necessario per il mantenimento della famiglia.

Quindi, l'Italia come l'America; anche oltre oceano famiglie e piccoli imprenditori eccessivamente indebitati possono accedere al "fallimento" (bankruptcy), per poter così liberarsi dai debiti, lasciarsi indietro il passato e ripartire.

Dopotutto, è la maggioranza dei creditori a decidere se accettare l'accordo di ristrutturazione/piano del consumatore o meno.

Nel caso del consumatore, poi, il Tribunale valuterà se il debitore è stato solo sfurtunato (si pensi ad un soggetto con un buon reddito che ha inaspettatamente perso il lavoro) o ha fatto la cicala, assumendo obbligazioni eccessive rispetto alle proprie possibilità economiche.

Insomma, ogni tanto una buona legge. 

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