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domenica 27 ottobre 2013

La normativa Anti-Femminicidio - novità legislative e prospettive applicative e di successo

E' finalmene stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la normativa speciale emanata in tema di femminicidio a causa della inarrestabile strage quotidiana di donne innocenti, vittime dell'orco che troppo spesso si nasconde nel focolare domestico.

Gli specialisti di Mk&Partners sono da anni in prima linea tanto nella difesa delle donne vittime di violenze quanto dei compagni vittime di calunnia da parte di ex inviperite.

Non si può tacere sul fatto che, purtroppo, l'emanazione di una normativa speciale in materia si è resa necessaria a causa del malfunzionamento della giustizia e delle difficoltà da parte dei magistrati di applicare la normativa vigente,

E ciò proprio perché in Italia la fa da padrone un eccessivo garantismo, che trasforma, agli occhi dell'opinione pubblica, le vittime in carnefice. 

Su questo blog non si fa politica, ma un giurista intellettualmente onesto non può esimersi dal denunciare i danni sociali dell'eccesso di buonismo e garantismo. 

Non ha senso promulgare nuove leggi, se non si è in grado di applicare il diritto vigente. 

I reati di stalking, molestie, lesioni, minacce, omicidio et similia sono già presenti nel nostro ordinamento, così come sono presenti le misure cautelari, che, tuttavia, solo in rari casi trovano puntuale applicazione.

Lo Stato di Diritto non è quello stato che necessita di legislazione emergenziale per tutelare i propri cittadini.

Basterebbe, per ogni tipo di reato, mettere da parte il garantismo, vero male del nostro sistema giudiziario, e perseguire seriamente e duramente, anche in sede cautelare, i responsabili in presenza di notizie di reato che appaiono sin da subito fondate.

D'altro canto bisogna punire seriamente i calunniatori ed i loro consulenti, che solo per screditare l'ex di turno si invetano di sana pianta denunce su fatti inesistenti. 

Non bisogna dimenticare che un recente studio del Tribunale di Roma ha svelato che oltre la metà delle denunce per maltrattamenti in famiglia è inventata, al mero fine di screditare la figura dell'ex partner.

E' solo così che si proteggono le vittime dei reati.

Che senso ha introdurre il reato di femminicidio, se poi dobbiamo confrontarci con i proclami dei nostri ministri di Interno e Giustizia, frettolosi nello svuotamento delle carceri e nello smussamento delle misure cautelari.

Alfano si duole del fatto che nel 25% dei casi il soggetto sottoposto a misura cautelare viene poi assolto. 

Ebbene, se la matematica non è un'opinione, se il 25% dei detenuti soggetto a misura cautelare è assolto alla fine del processo, vuol dire che nel 75% la misura cautelare viene a ragione adottata e che, quindi, in linea di massima il sistema funziona. 

Bisogna poi considerare che di questo 25% di casi, solo una minima parte attiene a misure cautelari restrittive della libertà personale. Le misure cautelari vanno dal carcere preventivo al divieto di frenquetazione di determinati luoghi. 

Non si vuole certo negare che di questa minima parte di persone che vengono assolte, pur essendo state sottoposte a misura cautelare, vi sono senz'altro dei casi di misure applicate con troppa fretta, ma sono la minima parte.

Lo Stato deve dire espressamente da che parte sta, perchè rebus sic stantibus è chiaro che il Governo, in persona del ministro Alfano, da un lato svuota le carceri e cerca di limitare il ricorso alle misure cautelari, ma poi emana decreti emergenziali in difesa delle donne.

Si introducono nuovi reati, ma non si puniscono gli autori perché la preoccupazione del governo è rivolta non alla difesa della popolazione, ma alla difesa dei carnefici.  

Fatta questa doverosa premessa, ecco alcune delle principali novità in relazione al contrasto alla violenza sulle donne. 

Il nuovo parametro su cui misurare aggravanti e misure di prevenzione è la relazione affettiva tra vittima e carnefice.

Rilevante sotto il profilo penale è la relazione tra due persone, a prescindere dal fatto che convivano o dal vincolo matrimoniale. 

Viene introdotta una nuova circostanza aggravante generica, applicabile al maltrattamento in famiglia e a tutti i reati di violenza fisica commessi in danno o in presenza di minorenni o in danno di donne incinte. 

Quanto all'aggravante dello stalking commesso dal coniuge, viene meno la condizione che vi sia separazione legale o divorzio. 

Aggravanti specifiche, inoltre, sono previste nel caso di violenza sessuale contro donne in gravidanza o commessa dal coniuge (anche se separato o divorziato) o da chi sia o sia stato legato da relazione affettiva. 

Se si è in presenza di gravi minacce ripetute, ad esempio con armi, la querela diventa irrevocabile, mentre rimane revocabile in tutti gli altri casi, ma la remissione può essere fatta solo in sede processuale davanti all'autorità giudiziaria, e ciò al fine di garantire la libera determinazione e consapevolezza della vittima. 

Il questore, in oltre, in presenza di denunce per percosse o lesioni (ora dfiniti come reati sentinella) può ammonire il responsabile, richiedendo altresì al Prefetto di procedere con la sospensione della patente di guida del molestatore. 

Si estende, quindi, alla violenza domestica una misura preventiva già prevista per lo stalking. 

Pur non essendo ammesse segnalazioni anonime, è garantita la segretezza delle generalità del segnalante. 

L'ammonito deve essere informato dal questore sui centri di recupero e servizi sociali disponibili sul territorio. 

In caso di flagranza, l'arresto sarà obbligatorio anche nei reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. 

A prescindere dalll'arresto obbligatorio, la polizia giudiziaria, su autorizzazione del Pm e se ricorre la flagranza di gravi reati (tra cui lesioni gravi, minaccia aggravata e violenze), può applicare la misura dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

L'aggressore potrà essere controllato attraverso il braccialetto o altri strumenti elettronici. Nel caso di atti persecutori, inoltre, sarà possibile ricorrere alle intercettazioni telefoniche. 

Da quanto precede è evidente che questa legislazione antifemminicidio, tanto sbandierata come innovativa e risolutiva, non è altro che un calderone di reati e misure già esistenti, ma non applicate in modo opportuno dai magistrati inquirenti e decidenti.

Proprio per questa ragione, se non si riscoprono i principi ispiratori del nostro ordinamento penalistico (principio di non colpevolezza e non di innocenza) e non si restituiscono alla pena tutte le sue naturali funzioni precipue (non solo rieducativa, ma anche punitiva, deterrente e neutralizzativa), nel nostro Paese non vi sarà giustizia, e questo discorso vale per tutte le vittime dei reati, incluse le donne maltrattate e uccise dall'orco che si nasconde dentro casa.

Nessun risarcimento per i passanti ripresi in TV in occasione di eventi sportivi o manifestazioni di pubblico interesse come il gay pride

Un uomo viene innocentemente ripreso dalla telecamera di un noto TG il giorno del gay pride, mentre si trova alla Stazione Centrale di Milano, luogo di incontro di molti partecipanti, e le immagini vengono diffuse in un servizio dedicato all'evento.

Le immagini in questione sono del tutto innocenti. Un flash di pochi secondi in cui l'uomo si trovava all'interno della stazione, in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, la quale faceva solo da sfondo del contestato servizio televisivo.

Insomma, già dall'incipit si capisce come la macchina della giustizia italiana abbia dedicato tre gradi di giudizio a questo personaggio, che per una mera questione di principio abbia ritenuto violati i propri diritti fondamentali. 

Ciò che stupisce è che costui sia addirittura riusciuto ad ottenere - in primo grado - la condanna della redazione del TG ad un risarcimento danni di € 20.000,00 (ripeto, € 20.000,00) per violazione della privacy.

La Corte d'Appello di Roma, tuttavia, ha riconsiderato il caso, annullando la condanna al TG ed ordinando all'uomo la restituzione del risarcimento disposto dal Giudice di primo grado.

L'uomo, sempre pungolato dal principio di non essere associato al gay pride, non si da per vinto e propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d'Appello, ma la Suprema Corte ha confermato la sentenza di secondo grado e, dopotutto non poteva essere altrimenti.

Infatti, la violazione della privacy non si configura quando l’esposizione, o la pubblicazione, dell’immagine altrui non può considerarsi abusiva e ciò avviene ogni qual volta l'immagine si ricolleghi a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. 

Il concetto di avvenimento o cerimonia di interesse pubblico non deve essere inteso in senso così restrittivo da escludere tutto ciò che non attiene in via immediata e diretta con l’evento stesso, dovendosi ritenere ricompresi nella previsione legislativa anche quegli episodi che, pur non integrando in sé l’evento, al medesimo si ricolleghino in modo inequivocabile (come l'arrivo in stazione dei partecipanti ad un evento di interesse nazionale).

Se ci fate caso, anche in occasione di eventi sportivi o politici, i relativi servizi giornalistici sono corredati da immagini raffiguranti l'arrivo dei partecipanti in aeroporti, stazioni, porti.  

Il principio giurisprudenziale consacrato è in parole semplici il seguente, Come nessuno può dolersi di essere stato ripreso mentre passeggiava in montenapoleone il giorno di inizio dei saldi o alla stazione il giorno dell'arrivo dei tifosi di una squadra di calcio, allo stesso modo non  può dolersi di essere stato ripreso il giorno del gay pride.

Un diverso orientamento giurisprudenziale ed una diversa interpretazione della normativa in materia di privacy porterebbe, infatti, all'assurdo di costringere i mass media a manipolare tutte le immagini - per ogni tipo di servizio o reportage - onde non urtare la sensibilità dei soggetti di volta in volta ripresi dalle telecamere. 

Aderendo alla tesi del nostro personaggio, anche un tifoso di una squadra calcistica potrebbe lamentarsi per il fatto che la sua immagine sia associata ad una partita della squadra avversaria.

Onde evitare tali abusi, nessuno può dolersi per essere stato ripreso nel bel mezzo di una folla anonima di passeggeri, la quale faceva solo da generico sfondo. 

Dopotutto, se il nostro personaggio avesse preso parte attivamente alla manifestazione avrebbe offerto consapevolmente la propria immagine a difesa del gaypride e non potrebbe certo dolersi della ripresa televisiva. 

Se, invece, egli si trovava casualmente all’interno della stazione di Milano, senza alcun contatto con i manifestanti, è evidente che l’eventuale ripresa televisiva non potrebbe danneggiarlo, figurando egli come quivis de populo, assolutamente non ricollegabile con la partecipazione alla manifestazione del gay pride.

Un luogo pubblico quale la Stazione Centrale di Milano, non è certo il luogo più adatto per invocare la tutela della privacy e la riservatezza e non si può certo pretendere che, in relazione ad un contesto pubblico, operino le stesse tutele in materia di privacy previste per un contesto privato, quale il giardino di casa propria. 

Quando si circola in luoghi pubblici o di pubblico interesse, peraltro in occasione di manifestazioni di rilevante peso mediatico, bisogna accettare il rischio di essere ripresi dalle telecamere. Come, ad esempio, potrebbe avvenire in occasione di una manifestazione politica, sportiva o di costume.

Peraltro, il tempismo del nostro personaggio non è certo dei migliori. E' noto come oggi vi sia una forte sensibilizzazione dell'opinione pubblica contro le discriminazioni sessuali.

Infatti, è evidente che il nostro personaggio ha promosso un giudizio, arrivato fino al terzo grado, sulla base della convinzione che l'associazione della propria immagine ad un servizio sul gay pride potesse avere risvolti lesivi del proprio onore e decoro, diritti inviolabili della persona.

Forse il nostro amico avrebbe fatto meglio a prendersi meno sul serio e a giustificare di fronte alla famiglia ed agli amici del bar la propria presenza in TV in occasione del gay pride con un po' di auto-ironia. 

mercoledì 9 ottobre 2013

Le pillole di Rex Law: Responsabilità medica - il paziente ha l'onere di provare il nesso causale

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi in tema di responsabilità medica, dimostrando di non aver trovato un orientamento stabile ed univoco comn riferimento alla prova del nesso causale tra il danno ed la condotta del medico.
 
Si alternano in materia sentenze che ora sono più favorevoli ai pazienti danneggiati ora più favorevoli ai medici danneggianti.
 
La sentenza in commento si pone in media re tra medici e pazienti, affermando che nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, il danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l’onere di dedurre, senza tuttavia provarla, la colpa del medico, il quale, invece, ha l’onere di provare che l’eventuale insuccesso dell’intervento, rispetto a quanto concordato o secondo il principio dell'id quod plerumque accidit, sia dipeso da causa a lui non imputabile. 
 
In particolare, il paziente deve provare la mancata riferibilità danno subito ad altre cause, pregresse o esterne, idonee a far ritenere la riconducibilità della condizione stessa al fatto dei sanitari.

A questo punto, visto il susseguirsi di sentenze di merito e di legittimità su questo tema scottante, spesso contrastanti e comunque non sempre allineate, Mk&P pubblicherà a breve uno studio ambizioso che si prefigge, per chiarezza dei nostri lettori, di sciogliere il nodo giurisprudenziale formatosi in giurisprudenza ed in dottrina e pervenire ad una sintesi che componga questo atavico conflitto creatosi tra i medici, che oggi hanno paura di lavorare con serietà, ed i pazienti, che a loro volta hanno paura di essere vittima di professional malpractice.

Evasione Fiscale: inevitabile la chiusura dell'attività in caso di mancata emissione dello scontrino, anche se il contribuente accede alla procedura di definizione agevolata dell'avviso di accertamento

Mala tempora currunt. C'è crisi, l'evasione fiscale è una piaga della società e la Giurisprudenza non intende spuntare le poche armi che lo Stato Italiano prevede per la lotta allo scontrino facile.

Con sentenza n. 22491/2013 la Corte di Cassazione ha, quindi, stabilito che la definizione agevolata della multa inflitta per la ripetuta mancata emissione degli scontrini fiscali non evita la sanzione della sospensione dell’attività commerciale. 

L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 12 del Dlgs 471/1997, che prevede la sospensione della licenza, non può ritenersi mai impedita dalla definizione agevolata di una o più delle tre violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, costituenti, nel loro insieme, la fattispecie unica punita con la sanzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività.

Ciò anche quando il contribuente ha pagato, senza impugnazione, l’avviso di accertamento derivante dal verbale di contestazione dell’omesso scontrino fiscale, nel termine agevolato di 60 giorni.

 

Riflessioni: divorziare in Russia o separarsi in Italia?

Il primo ministro russo Dmitri Medvedev ha recentemente annunciato il proprio impegno a rendere il divorzio in Russia più oneroso.

Bisogna premettere che in Russia non è previsto dalla legge l'istituto della separazione personale tra i coniugi, vale a dire quel periodo di transizione, banco iudicis pronunciato e della durata di ben 3 anni, che i coniugi devono affrontare prima di poter sciogliere definitivamente gli effetti civili del matrimonio.
Al contrario, invece, in Russia si divorzia direttamente senza prima separarsi.
Secondo la nostra esperienza possiamo dire che in Russia divorziare è facile come bere un bicchier d'acqua, soprattutto in assenza di figli minori o beni cointestati.

Anzi in questi casi non è neppure necessario divorziare in Tribunale.

E', infatti, previsto il divorzio amministrativo, ragione per cui i coniugi non devono fare altro che recarsi presso l'Ufficio del Matrimonio e ritirare le proprie solenni promesse.

Tuttavia, il divorzio amministrativo ha lo svantaggio che, spesso e volentieri, l'Ufficiale di Stato Civile Italiano si rifiuta di trascriverlo, con la necessità di dover attivare il giudizio di delibazione del provvedimento amministrativo davanti alla Corte d'Appello Italiana, con tutte le lungagini del caso (le procedure possono durare anni).

Poiché, tuttavia, anche in Russia vige il principio del ne bis in idem, se l'Ufficiale di Stato Civile dovesse rifiutarsi di trascrivere il vostro divorzio amministrativo, scordatevi di tornare in Russia per sostituire il divorzio amministrativo con il divorzio giudiziale.

In questi casi, il Tribunale Russo si rifiuterà di pronunciare per la seconda volta un provvedimento di divorzio. In poche parole, frittata sarà fatta.

Evitate, quindi, le procedure fai da te ed affidatevi ad Mk&Parters, leader nella consulenza matrimoniale nelle coppie miste italo-russe.

Noi di Mk&Partners abbiamo sviluppato una strategia vincente che vi permetterà di divorziare in 4 mesi.

Avete capito bene. Con la strategia MK&Partners il vostro matrimonio ingombrante sarà spazzato via nel giro di 4-5 mesi.

Già, perché la via apparentemente più breve non sempre è la migliore e, spesso, nei fatti, si rivela irta di insidie.

Come ovvio, infatti, la legislazione Russa prevede, oltre al divorzio amministrativo, anche il divorzio giudiziale, consensuale o contenzioso che sia.

Peraltro, in Russia, anche in caso di divorzio contenzioso (vale a dire in caso di mancato accordo tra le parti), la procedura è abbastanza snella e breve e non si rischia di incappare nelle lungagini che affligono le nostre procedure. 

Senza considerare che, dal punto di vista economico (rectius dei rapporti patrimoniali tra i coniugi) la regola è quella del "pari e patta" e molto raramente è posto in capo al coniuge economicamente forte l'obbligo di provvedere al mantenimento ed agli alimenti di prole e/o ex coniuge.

Ciò detto va sottolineato che nel diritto internazionale vale la regola del "chi tira il pugno vince."

Vale a dire che la competenza giurisdizionale e la legge regolatrice del vostro divorzio apparterranno allo Stato in cui la procedura verrà stata avviata per prima. 

Quindi, se il vostro coniuge depositerà un ricorso per separazione avanti al Giudice Italiano (litispendenza), non sarà possibile procedere con il divorzio russo.

Con tutto quello che ne consegue in termini di costi e tempistiche.

Quindi, quando iniziate a sentire sospetti scricchiolii nel vostro matrimonio ed a respirare aria di crisi, rivolgetevi a noi.

Infatti, Mk&Partners ed il suo team di consulenti italiani e russi hanno tutto il know how e l'esperienza necessaria per farvi uscire indenni dal vostro matrimonio misto.

Contatti: info@mkpartners.it

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