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mercoledì 12 ottobre 2011

A volte ritornano...secondo la giurisprudenza le società cancellate nonostante la sussistenza di poste attive non liquidate e giudizi pendenti devono essere "resuscitate" secondo il meccanismo della cancellazione della cancellazione

Come noto, con la cancellazione della società dal Registro delle imprese rappresenta si conclude il procedimento di liquidazione, e cioè il procedimento di dismissione del patrimonio sociale al fine di  soddisfare i creditori sociali e ripartire eventuali utili a bilancio, naturalmente una volta che siano stati restituire eventuali finanziamenti ed i conferimenti dei soci.

Una volta cancellata la società dal Registro delle imprese, bisogna valutare quale tutela possa essere assicurata ai creditori sociali rimasti insoddisfatti.

Prima della riforma del 2003, ai sensi dell'art. 2456 cod. civ., dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi

Peraltro, secondo la giurisprudenza, la cancellazione dal Registro delle imprese della iscrizione di una società commerciale (di persone o di capitali) era condizione necessaria, ma non sufficiente a determinarne l’estinzione.

Il che equivaleva ad attribuire alla cancellazione la forza di mera pubblicità dichiarativa, che non produceva l’estinzione della società in difetto dell’esaurimento di tutti i rapporti giuridici.

Con il D.lgs. n. 6/2003, è stata invece introdotta una disciplina unitaria dello scioglimento per tutte le società di capitali.
Ai sensi del nuovo art. 2495 cod. civ., invece, viene espressamente attribuito l'effetto estintivo alla cancellazione della società dal Registro delle imprese, ragione per cui la cancellazione ha oggi effetto costitutivo e non meramente estintivo.

A tutela dei creditori sociali è stato invece previsto allo stesso art. 2495 cod.civ. che la domanda giudiziale, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società.

In questo modo nelle intenzioni del legislatore si dovrebbero agevolare i creditori sociali non soddisfatti sottraendoli a laboriose ricerche.

E' fuor di dubbio quindi che a seguito della riforma del 2003, la cancellazione produca effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società in ogni caso, anche in presenza di debiti insoddisfatti o di rapporti non definiti di qualunque altro tipo.

Alla luce di quanto sopra, stando alla portata letterale della norma, i creditori sociali insoddisfatti possono esperire soltanto le azioni contro i soci e contro il liquidatore di cui all’art. 2495, c. 2, c.c.

La giurisprudenza sul punto è contrastante.

Secondo un primo orientamento, l’atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese, così come il suo scioglimento, con l’instaurazione della fase di liquidazione, non determina l’estinzione della società ove non siano esauriti tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo a seguito della procedura di liquidazione, ovvero non siano definite tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi, e non determina, conseguentemente, in relazione a detti rapporti rimasti in sospeso e non definiti la perdita della legittimazione processuale della società e un mutamento nella rappresentanza sostanziale e processuale della stessa, che permane in capo ai medesimi organi che la rappresentavano prima della cancellazione (sic, Cass., 15 gennaio 2007, n. 646 e Cass., 23 maggio 2006, n. 12114).

Secondo un diverso indirizzo giurisprudenziale, invece, a seguito della modifica apportata all’art. 2495 c.c., c. 2 la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società, anche in presenza di rapporti non definiti ed anche se è intervenuta in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina, ed ha riguardato una società di persone con conseguente perdita della capacità processuale della società e passaggio della rappresentanza dagli organi che la rappresentavano prima della cancellazione” (sic, Cass., 15 ottobre 2008, n. 25192; Cass., 18 settembre 2007, n. 19347 e Cass., 28 agosto 2006, n. 18618).

A dirimere il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte con tre sentenze gemelle del 22 febbraio 2010, le n. 4060, n. 4061 e n. 4062, che hanno individuato una soluzione unitaria al problema degli effetti dell’iscrizione della cancellazione di tutti i tipi di società.

Infatti, con riferimento alle società di capitali e cooperative, hanno affermato che l’art. 2495, c. 2, c.c., come modificato dalla riforma del 2003,è norma innovativa e ultrattiva, che, in attuazione della legge di delega, disciplina gli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali e cooperative intervenute anche precedentemente alla sua entrata in vigore (1 gennaio 2004), prevedendo a tale data la loro estinzione in conseguenza dell’indicata pubblicità e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse cancellazioni per l’avvenire e riconoscendo, come in passato, le azioni dei creditori sociali nei confronti dei soci, dopo l’entrata in vigore della norma, con le novità previste agli effetti processuali per le notifiche intraannuali di dette citazioni, in applicazione degli artt. 10 e 11 preleggi e dell’art. 73 Cost., u.c. Il citato articolo, incidendo nel sistema, impone una modifica del diverso e unanime pregresso orientamento della giurisprudenza di legittimità fondato sulla natura all’epoca non costitutiva della iscrizione della cancellazione che invece dall’1 gennaio 2004 estingue le società di capitali”.

Raggiunta tale soluzione per le società di capitali e le cooperative, con riferimento alle società di persone le Sezioni Unite hanno stabilito che dalla stessa data …, esclusa l’efficacia costitutiva della cancellazione iscritta nel registro, impossibile in difetto di analoga efficacia per legge della loro iscrizione, per ragioni logiche e di sistema, può affermarsi la efficacia dichiarativa della pubblicità della cessazione dell’attività dell’impresa collettiva, opponibile dall’1 gennaio 2004 ai creditori che agiscano contro i soci, ai sensi degli artt. 2312 e 2324 c.c. norme in base alle quali si giunge ad una presunzione del venir meno della capacità e legittimazione di esse, operante negli stessi limiti temporali indicati, anche se perdurino rapporti o azioni in cui le stesse società sono parti, in attuazione di una lettura costituzionalmente orientata delle norme relative a tale tipo di società, da leggere in parallelo ai nuovi effetti costitutivi della cancellazione delle società di capitali per la novella.

Alla luce dei principi sopra enunciati dalla Suprema Corte si può ritenere dato ormai acquisito che la cancellazione determini l’estinzione della società sicuramente irreversibile, anche nel caso in cui rimangano pendenze passive.

Nel caso in cui vi siano delle sopravvenienze di attivo o con riferimento alle cause in corso, gli elementi dell’attivo in ogno caso a rigor di logica dovrebbero spettare pro quota ai singoli soci secondo le norme sulla comunione ed in proporzione alla quota di riparto attribuita a ciascun socio.

Per quanto concerne i giudizi in corso, l'estinzione della società potrebbe essere equiparata alla morte della persona fisica e pertanto i processi devono essere interrotti.

Tuttavia le soluzioni di cui sopra lasciano alquanto perplessi e vi è chi ritiene che in siffatti casi vada disposta la cancellazione della cancellazione della società, istituto che opera secondo il meccanismo di cui all’art. 2191 c.c., per il quale, “se un’iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il giudice del registro, sentito l’interessato, ne ordina con decreto la cancellazione”.

Il Giudice del Registro, eventualmente adito da chi sia portatore di un interesse meritevole di protezione, può ordinare la cancellazione della cancellazione della società, in quanto la cancellazione è avvenuta senza che sia stata compiuta in senso sostanziale e definitivo la liquidazione dell’attivo.

Tale soluzione si rende necessaria proprio in considerazione delle difficoltà operativeche sorgono nel caso in cui vi siano poste attive superstiti  e la soluzione adottata si basa sulla considerazione che “la cancellazione e quindi l’estinzione della società presuppone che, ai sensi dell’art. 2492, c. 1, c.c., sia stata «compiuta la liquidazione»: qualora si scopra l’insussistenza di tale presupposto sostanziale, la cancellazione è stata effettuata non validamente ed è consentito porre riparo a tale situazione non altrimenti rimediabile”.

Tale tesi è stata sposata dalla giurisprudenza di merito secondo cui la legittimazione ad agire in via esecutiva per il recupero di crediti sopravvenuti a favore della disciolta e cancellata società di persone non spettasse ai soci in proprio, bensì ancora alla società previa cancellazione ex art. 2391 c.c. dell’iscrizione della cancellazione dal Registro delle imprese.

Infatti, nel caso in cui sopravvivano poste all'attivo di bilancio o cause pendenti, ben può dirsi che la liquidazione non sia completata (e che quindi non si possa cancellare legittimamente la società) fino a che vi siano sopravvivenze attive, note o ignote che esse siano.

Quando vi siano tali sopravvivenze o sopravvenienze attive, la cancellazione della società potrebbe dunque essere cancellata d’ufficio, col meccanismo dell’art. 2391 cit., onde consentire il completamento delle operazioni di liquidazione … Né va trascurato che, specie laddove vi siano soci limitatamente responsabili, l’ammissibilità di una cancellazione senza previa liquidazione dei beni sociali potrebbe compromettere l’efficacia della tutela dei creditori sociali”.

Anche il Tribunale di Milano, Sez. VIII Civ., ha disposto la cancellazione della cancellazione di una società a responsabilità limitata in una fattispecie in cui, a seguito di cancellazione avvenuta ex officio ai sensi dell’art. 2490, c. 6, c.c., la liquidatrice aveva prodotto documentazione attestante la permanente sussistenza di cespite ancora intestato alla società.

Anche in tale caso, è stato stabilito che “laddove gli interessati dimostrino che la liquidazione non è nella realtà terminata, può provvedersi ex art. 2391 c.c. alla cancellazione della cancellazione della srl

Tale conclusione non contrast[a] con l’interpretazione data all’art. 2495, nuovo testo, c.c. dalla ben nota sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4062/10, dal momento che tale decisione, nell’affermare che l’iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione della società comporti l’estinzione della società stessa, non preclude, ad avviso del giudicante, l’applicabilità dell’art. 2191 c.c. per i casi in cui, come quello in esame, la cancellazione sia avvenuta in mancanza dei necessari presupposti”, non potendo la liquidazione dirsi completata al momento della cancellazione in presenza di attivo patrimoniale da liquidare.

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