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sabato 24 novembre 2012

La responsabilità del socio in solido con gli amministratori nelle S.r.l.

Rexlaw si occupa oggi di un tema molto delicato e controverso, ma che ciò nonostante non è stato granché trattato dalla Giurisprudenza.

Il che a riprova del fatto che in Italia lo strumento dell'azione di responsabilità dei soci è forse addirittura sconosciuto ai più ed in ogni caso poco utilizzato.

Come noto, a seguito dell'emanazione della riforma del diritto societario del 2003, sussiste la responsabilità, in solido con gli amministratori, dei soci - naturalmente anche nell'accezione di organo collegiale, rectius assemblea - che abbiano “intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi” (codice civile, articolo 2467, comma 7)

Tale profilo di responsabilità non è concorrente con la responsabilità dell'organo amministrativo, ma si pone anzi in rapporto di sussidiarietà ed alternatività rispetto a quest'ultima, sussistendo la stessa solo in assenza di responsabilità dell'amministratore. 

Premesso che quand'anche l'atto dannoso sia stato preventivamente autorizzato dall'assemblea non può venire meno la responsabilità dell’amministratore, la norma in esame non si applica in ogni caso al socio che sia amministratore di fatto, poiché tale profilo trova la propria disciplina in altre norme. 

La fattispecie oggetto della norma in esame, infatti, non è quella dell’amministatore “di fatto”, ma quella del socio che, anche in modo sporadico ed occasionale, ponga in essere atti o comportamenti di consapevole ed informato sostegno e supporto al compimento di uno specifico atto “gestorio” da parte dell’amministratore, atto che poi arrechi danno alla società, agli altri soci o a terzi. 

Sotto il profilo psicologico, la responsabilità del socio non presuppone necessariamente il dolo, ma affinché la stessa sussista è sufficiente la colpa, rilevando la consapevolezza, da parte del socio, di sostenere un atto gestorio non direttamente teso ad arrecare danno, ma caratterizzato da alti profili di rischio. 

In tale ipotesi, ove derivi un danno alla società, ai soci o ai terzi, il socio interessato ne dovrebbe rispondere in via solidale con gli amministratori. 

Ad avviso di chi scrive invece non dovrebbe sussistere alcun responsabilità del socio nel caso in cui  l’amministratore di s.r.l. o i soci che rappresentino almeno un terzo del capitale, abbiano preventivamente deciso di sottoporre all’approvazione dell'assemblea dei soci l'atto in tal caso solo suggerito dal socio (articolo 2479, 1° comma). 

In tale ipotesi, non si comprende come si possa sostenere la responsabilità del socio proponente, qualora l’atto specificamente approvato sia produttivo di danno. 

In siffatte ipotesi, ad avviso di chi scrive, l’approvazione dell’atto dannoso dovrebbe determinare la responsabilità del socio, in solido con gli amministratori, solo nel caso in cui l'assemblea sia stata informata su tutti gli aspetti rilevanti e tale informativa risulti dai verbali di assemblea.

domenica 18 novembre 2012

La spada del D.lgs. 231/2001 anche sulla società fallita

Secondo una recentissima sentenza della Suprema Corte, sent. 44824 del 15/11/2012, le sanzioni amministrative nei confronti delle società a seguito dei reati commessi a beneficio della stessa da dipendenti e dirigenti trovano applicazione anche in caso di fallimento dell'ente.

La giurisprudenza di merito era infatti solita equiparare il fallimento alla morte del reo, fatto che come noto ai sensi e per gli effetti dell'art. 150 c.p., estingue il reato.

Tuttavia, ha rilevato la S.C., la società fallita non è da considerarsi morta, fatto che inerisce tutt'al più la società estinta e cancellata, ma in stand by.

Infatti, come rilevato da chi scrive, per un ente la "morte" è la sua cancellazione dal Registro delle imprese, che nel caso di società fallita viene effettuata su impulso del curatore fallimentare, ragione per cui in caso di fallimento non sussistono i presupposti per l'estinzione delle sanzioni ex Dlgs 231/2001.

Peraltro, lo stesso Dlgs 231/2001 non contempla il fallimento tra le cause cause estintive delle sanzioni amministrative comminate alla società, includendovi invece la prescrizione per decorso del termine di legge e prevedendo altresì l'improcedibilità nei confronti dell'ente quando sia intervenuta amnistia in relazione al reato presupposto.

Quello della Suprema Corte è l'ennesimo monito agli imprenditori ad adottare i modelli 231/2001 e ad amministrare gli enti economici in modo responsabile e saggio, controllando che in azienda tutto funzioni per il verso giusto e secondo i modelli ex D.lgs. 231/2001.

Modelli 231/2001 - niente più modifiche statutarie - sindaci e dirigenti potranno svolgere le funzioni di OdV (organismo di vigilanza)

La legge n. 183 recante cd. Legge di Stabilità per il 2012, ha profondamente novellato l'art. 6, d.lgs. 231/2001, il quale ora dispoen che "nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'Organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b”.

Ne consegue che ormai e per fortuna non è più necessario apportare alcuna modifica allo statuto sociale, non essendo necessario nominare e costituire un organismo ad hoc con funzioni di OdV, ma sarà di volta in volta in base al sistema di governance prescelto, il collegio sindacale il consiglio di sorveglianza o il comitato di controllo nelle società di capitali e l'organo dirigente nell'ambito degli “enti di piccole dimensioni” a svolgere dette funzioni.

Pertanto i compiti prima attribuiti all'Organismo di Vigilanza di controllo sul funzionamento e l'osservanza dei modelli nonché del loro aggiornamento possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.

A mio avviso tale innovazione determinerà un maggiore ricorso degli enti all'adozione del modello 231/2001, poiché, nella prassi, molti enti erano - anche se a torto - scoraggiati proprio dalla necessità di modificare lo statuto sociale e di prevedere la costituzione di un organismo specifico, con notevoli costi a loro carico.

Tuttavia perplessità nascono dal fatto che nelle società di capitali  o nelle imprese individuali si chiede al giocatore di fare da arbitro, mentre nelle società di capitali le funzioni di controllo sull'adozione e sul funzionamento dei modelli ex d.lgs. 231/2001 vengono attribuiti ad organi con competenze contabili e non giuridiche.

In ogni caso tale semplificazione era auspicabile e chi scrive ne seguirà attentamente i risvolti pratici

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