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domenica 15 dicembre 2013

MK&PARTNERS Адвокат в Италии: Padri separati - la Giurisprudenza li condanna alla povertà?

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Il divorzio ha un costo sociale altissimo, che per molte persone, in tempi di crisi, diventa insostenibile.

Purtroppo, l'esercito dei nuovi poveri ha arruolato tantissimi padri separati o divorziati, che non riescono più a far fronte alla moltiplicazione di spese, di cui la crisi familiare è causa.

Una persona, con un reddito netto anche di € 1.000,00 al mese, a seguito della crisi familiare, è spesso destinata ad andare incontro ad altissime difficoltà, se non proprio ad arrivare alla soglia della povertà.

Certo se si mettono al mondo i figli, bisognerà poi mantenerli ed, infatti, nel nostro ordinamento giuridico è previsto all'art. 148 cod. civ. l'obbligo di legge al mantenimento economico della prole secondo le proprie possibilità economiche, obbligo esteso anche in favore del coniuge sia in costanza di matrimonio sia, se il Tribunale lo prevede, a seguito della separazione o del divorzio.

La violazione di tale obbligo è penalmente sanzionata ex art. 570 c.p., che punisce la violazione dell'obbligo di assistenza familiare.

Ne consegue che, almeno nei confronti dei figli, è di fatto impossibile sottrarsi a tale obbligo, fatta salva la prova della povertà, nel qual caso il padre separato potrà essere esentato dal dovere di versare un assegno di mantenimento alla prole minorenne, come da ultimo stabilito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 48459/2013.

Una busta paga leggera, anche se inferiore ad € 1.000,00, non autorizza certo il padre a non provvedere al mantenimento della prole.

Anzi, il reato non è escluso neppure se il padre, dimostrando buona volontà, ha corrisposto acconti sulla maggior somma stabilita dal Tribunale Civile.

Anche in presenza di pagamenti parziali, per la Giurisprudenza, il marito separato si sottrae volontariamente all'obbligo di fornire alla prole i mezzi per la sussistenza.

L'unica esimente è solo ed esclusivamente lo stato di povertà. Il padre separato, in poche parole, deve fornire la prova di un vero e proprio stato di indigenza, in quanto le difficoltà economiche, seppur gravi ed oggettive, da sole non bastano.

In ogni caso, la Giurisprudenza non è univoca sul punto ed esiste un contrasto giurisprudenziale molto profondo, soprattutto tra i Giudici di merito (Tribunali e Cordi d'Appello) e Corte di Cassazione.

Dopotutto, anche Mk&P ritiene che vada operato un serio bilanciamento di interessi in queste fattispecie, che deve investire, da un lato, il diritto della prole ad essere mantenuta, conformemente a quanto previsto dall'art. 148 cod. civ., e, dall'altro lato, l'integrità della persona umana e la dignità dell'uomo.

Un uomo non deve essere ridotto alla povertà, ma la Giurisprudenza, prima che la situazione degeneri, deve mediare tra i coniugi litigiosi e valutare se il coniuge tenuto al mantenimento si stia colpevolmente sottraendo ai propri obblighi o se, invece, adempiendo ai propri obblighi rischi di andare incontro ad un serio momento di difficoltà.

Nel qual caso, bisogna, ad avviso di chi scrive, continuare a tutelare il diritto dei figli al mantenimento, senza, tuttavia, andare a mortificare la persona di un padre in difficoltà economiche.

Certo, Mk&P, che è dotato di un brillantissimo dipartimento di diritto di famiglia, è ben consapevole del fatto che molti uomini, finita l'unità familiare, tendono a dimenticarsi dell'obbligo di mantenimento della prole. 

Molti uomini, ma non tutti e, soprattutto, una netta minoranza che getta ombre su un esercito di padri, che invece affrontano una guerra quotidiana, per cercare di superare i mille ostacoli che la crisi familiare frappone tra loro ed il rapporto con i propri figli, che non sono solo di natura economica.

Un uomo con un reddito di € 1.000,00, che perde il godimento della casa familiare a favore della moglie e deve mantenere due figli, sicuramente non avrà una vita facile, dovendo egli, da quello stipendio, reperire le risorse per trovarsi un alloggio, mantenere sé stesso, la prole, pagare spese e bollette e, magari, anche il 50% del mutuo dell'allora casa coniugale.

In questi casi servirebbero delle soluzioni alterinative ed elastiche, per evitare situazioni di squilibrio sociale ed il prodursi di nuovi poveri. 

Sicuramente, non può essere equiparato un padre in difficoltà ad un padre, che, pur avendo le risorse, si sottrae all'obbligo di mantenimento della prole, magari nascondendo i propri redditi.

 
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