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venerdì 31 maggio 2013

Le corna possono costare care: per il fedifrago oltre all’addebito c’è il risarcimento del danno da tradimento

La Cassazione punisce le scappatelle extraconiugali. Le corna al coniuge configurano un autonomo illecito civile risarcibile in via autonoma rispetto alla causa di separazione.

Ebbene sì cari amici, avete letto bene, le corna possono costare molto care ed alle sfuriate di gelosia si potrebbe – il condizionale è d’obbligo – aggiungere anche una bella sentenza risarcitoria.

Si va, infatti, affermando un principio giurisprudenziale che ravviserebbe nel tradimento un’autonoma fonte di risarcimento del danno, che, potenzialmente, può essere risarcito anche al di fuori di una causa di separazione o divorzio e, quindi, in una causa risarcitoria proposta ad hoc.

All’inizio fu la Sentenza Cass. n. 18852/2011 ad aggravare il concetto di addebito nella separazione, alzando, e non di poco i costi e gli impatti economici della separazione.

Il tradimento, secondo la giurisprudenza, determinerebbe, oltre alla violazione del vincolo di fedeltà coniugale, fonte dell’addebito, altresì la violazione di diritti di rango costituzionale, quali la salute della persona tradita e la sua dignità nonché dei rapporti relazionali, proprio in quanto diritti connessi con la qualità di coniuge. L’ego ferito di mogli e mariti traditi, che devono anche subire l’onta di attraversare le forche gaudine della vergogna sociale (e sfido chiunque a sostenere il contrario).

Infatti, i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione.

Proprio perché il tradimento viola diritti inviolabili della persona, trovano applicazione in difesa del coniuge tradito i principi fondamentali della responsabilità civile e, in particolare, il principio del neminem ledere (non danneggiare nessuno), che ineriscono anche il rapporto familiare, seguendo una tendenza che si inserisce nel più generale ampliamento dell’area della responsabilità aquiliana.

Per tale ragione, anche nel contesto familiare, il risarcimento è dovuto in tutti i casi di violazione dei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti, andando ad incidere, si ribadisce, su beni essenziali della vita e producendo un danno ingiusto, con conseguente necessità di risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile.

Il principio enunciato dalla Suprema Corte, a mio avviso, potrebbe avere applicazione estensiva quanto meno con riferimento alle convivenze more uxorio, dal momento che il rapporto di fiducia ed il livello di compenetrazione spirituale intercorrente tra le così dette coppie di fatto non è meno pregnante e degno di tutela di quello proprio del rapporto coniugale.

In caso contrario, si configurerebbe una aperta violazione del principio di uguaglianza formale (art. 3 comma I Cost.), assicurando una tutela inferiore al partner tradito, ma non coniugato rispetto al coniuge.

In conclusione, cari lettori, e lettrici, state attenti perché le scappatelle possono costare molto caro e,  a differenza del detto, il cornuto non è mazziato.

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