La Corte di Cassazione continua ad affermare un principio di inciviltà giuridica in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli.
Secondo la Suprema Corte (Cass. civ. Sez. III, 24/05/2011, n. 11378) la domanda di risarcimento del danno riportato da un veicolo a seguito di un sinistro stradale, allorché abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve intendersi quale richiesta di risarcimento in forma specifica.
Ne consegue che, a norma dell'art. 2058, comma 2, c.c., il Giudice ha il potere di non darvi ingresso e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, consistente nella corresponsione di una data somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo le lesioni, allorché il costo delle riparazioni risulti notevolmente superiore al valore di mercato del veicolo.
Il principio suddetto rientra in quella giurisprudenza della Corte Suprema che non tiene in considerazione il fatto che, a seguito di sinistri in cui il veicolo del danneggiato subisca pregiudizi tali da renderne antieconomica la riparazione, il danneggiato deve provvedere all'acquisto, non preventivato, di una nuova auto.
E' pertanto ingiusto riconoscere al danneggiato un risarcimento pari alla differenza di valore del bene prima e dopo le lesioni in quanto il danno vero subito dal danneggiato consiste nel valore dell'auto che va ad acquistare, acquisto che il danneggiato non avrebbe fatto in assenza del sinistro.
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