Secondo la Suprema Corte (Cass. civ. Sez. III, Sent., 10-05-2011, n. 10205), la normativa che riserva ai soli iscritti al ruolo degli agenti di mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione e prevede la inesigibilità della provvigione in caso di mancanza di iscrizione, non contrasta con il diritto comunitario.
Infatti la normativa comunitaria in materia, che osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in apposito albo, non si rivolge al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto e che proprio per tale motivo si differenzia dall'agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore.
Il legislatore comunitario, in ogni caso, si è recentemente occupato della materia dei servizi nel mercato interno (direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 123), dando occasione ad una nuova legislazione nazionale che ha soppresso il ruolo dei mediatori, ma la legislazione comunitaria comunque non intacca la conservazione degli effetti della normativa nazionale sulla retribuzione del mediatore non iscritto.
Infatti, il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, art. 73, che, in attuazione della normativa comunitaria (Dir. 2006/123/CE), ha soppresso il ruolo dei mediatori, non ha abrogato la normativa in materia di mediazione, disponendo che le attività da essa disciplinate sono soggette a dichiarazione di inizio di attività, corredata da certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti, da presentare alla camera di commercio.
Ne consegue che l'art. 6, della L. n. 39 cit. deve interpretarsi nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa di cui al D.Lgs. n. 59 del 2010, hanno diritto alla provvigione i soli mediatori iscritti nei registri o nei repertori tenuti dalla camera di commercio". (Cass. 8 luglio 2010, n. 16147).
Identico fondamento ha l'esclusione dell'azione di indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c.
Infatti, pur essendo in astratto applicabile la disciplina dell'indebito oggettivo alle restituzioni conseguenti alla nullità di contratti aventi ad oggetto un facere invece che un dare, l'obbligo di restituzione della provvigione stabilito dal legislatore nel caso in esame, impedisce il ricorso alla disposizione suddetta.
Al contrario, la disciplina dell'indebito oggettivo si basa sull'assenza di causa dell'attribuzione patrimoniale effettuata, mentre nel nostro caso il mancato compenso è voluto dal legislatore come "sanzione" per lo svolgimento di attività senza iscrizione all'albo.
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