La Corte di Cassazione torna a chiarire un principio giurisprudenziale fortemente minato da una precedente pronuncia del 2006, secondo cui il committente rispondeva dei danni provocati a terzi dall'appaltatore in tutti i casi in cui il ruolo di quest'ultimo si fosse esaurito nel cosiddetto nudus minister.
La sentenza in esame fa seguito, sublimandone i concetti fondamentali, a numerose altre pronunce emanate dai Supremi Giudici tra il 2008 ed il 2010 con cui veniva chiarito il concetto di nudus minister.
Secondo la Suprema Corte, l'appaltatore, stante l'autonomia con cui svolge la sua attività nella esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche della inosservanza della legge penale durante la esecuzione del contratto, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all'accertamento ed alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio affidato con quanto costituisce l'oggetto del contratto.
Nel descritto contesto, una responsabilità del committente versi terzi risulta configurabile nella sola ipotesi in cui si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine ad esso impartito dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente, ovvero quando ricorre una ipotesi di culpa in eligendo.
Affinché possa, dunque, configurarsi la responsabilità del committente si rivela necessario che questi, esorbitando dalla mera sorveglianza sull'opera oggetto del contratto, abbia esercitato una concreta ingerenza sull'attività dell'appaltatore al punto da ridurlo a mero esecutore dell'opera - nudus minister - all'uopo non rivelandosi sufficiente l'omesso esercizio del controllo nei confronti del direttore del cantiere, diretto destinatario delle norme dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavori dei dipendenti della società appaltatrice in quanto operante per conto della stessa.
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