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mercoledì 13 luglio 2011

Stranieri - Immigrazione: Condanne penali e rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno

La Legge Bossi - Fini come noto ha a suo tempo modificato ed integrato l’art. 4, comma 3, del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286), prevedendo che per reati previsti dall’articolo 380 commi 1 e 2 c.p.p. – per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza - ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite non può entrare in Italia, oppure non può rinnovare il permesso di soggiorno.

La norma in esame introduce un motivo ostativo al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno allo straniero di applicazione automatica. 

Eppure Rex Law si chiede se sia giuridicamente corretto prevedere un meccanismo automatico di diniego del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, basato sul mero elemento oggettivo della presenza di condanne penali, a prescindere dalla effettiva pericolosità sociale dello straniero.


L'automatismo illo tempore introdotto dal legislatore andrebbe rivisto, anche alla luce dei principi espressi da alcune Sentenze della Corte di Giustizia Europea, secondo cui deve essere valutata l'esistenza di un effettivo grado di pericolosità dello straniero prima di procedere al suo allontanamento dal territorio di uno Stato membro.

Ne consegue che l'allontanamento è possibile solo in presenza di motivi di ordine pubblico, la cui sussistenza deve essere valutata nel caso concreto dall'Autorità Giudiziaria.


Il TAR Lombardia con la Sentenza del 16 aprile 2008, ha recepito l'orientamento affermato dai Giudici della CGE ed ha valorizzato la norma di cui all’articolo 5 comma 5 del Testo Unico sull’Immigrazione, ove si fa riferimento a "sopraggiunti nuovi elementi" che possano permettere il rilascio o il rinnovo del permesso nonostante la mancanza di alcuni requisiti.

Peraltro già la Corte Costituzionale, in un caso che riguardava l'automatismo ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno derivante da condanne penali previsto dagli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98, con ordinanza 27/4/2007 n. 143 - richiamando quanto affermato nella decisione 7/6/2006 n. 3412 del Consiglio di Stato - ha restituito gli atti al giudice a quo per il riesame della questione alla luce della normativa sopravvenuta, ovvero i decreti legislativi 8/1/2007 n. 3 e n. 5, attuativi rispettivamente delle direttive 2003/109/CE e 2003/86/CE.

La Corte ha ritenuto applicabile tale normativa, in deroga al principio generale dei giudizi amministrativi del tempus regit actum in quanto "pur non essendo da misconoscere il modello impugnatorio dei giudizi concernenti l'asserita illegittimità dei provvedimenti di diniego del permesso di soggiorno o del relativo rinnovo, si ritiene che il loro oggetto non sia solo l'atto impugnato, ma si estenda alla pretesa sostanziale posta a base della impugnazione".

La decisione del Consiglio di Stato ivi citata statuisce che pur essendo incontestabile che alla data di adozione dell'impugnato provvedimento sussisteva una ragione ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno, non può risultare priva di rilevanza la circostanza che siano poi sopravvenuti i presupposti per il rilascio del permesso.

Vero è che la forma impugnatoria del processo amministrativo induce, di norma, a valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati alla data di adozione degli stessi, senza attribuire rilevanza alle circostanze sopravvenute. Tuttavia, è innegabile che, fermo restando il modello impugnatorio, il processo amministrativo si sia nel corso degli anni evoluto in modo tale che il suo oggetto non sia solo l'atto impugnato, ma si estenda alla pretesa sostanziale posta alla base dell'impugnazione.

La giurisprudenza ha evidenziato che in tema rifiuto di permesso di soggiorno o di suo rinnovo, l'art. 5 del D. Lgs. 286/98 impone all'amministrazione di considerare eventuali, sopraggiunti nuovi elementi - mancanti ad un primo esame e che risultino invece successivamente posseduti - tali da consentire il rilascio del provvedimento, sempre che le relative circostanze (integranti ex post i requisiti) siano stati evidenziati dall'interessato.

E' stato coerentemente affermato che, con l'inciso di chiusura contenuto nell'art. art. 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98 "sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio", il legislatore ha chiaramente inteso porre una clausola di salvaguardia per i soggetti che - all'attualità - dimostrino il possesso dei requisiti per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI - 6/5/2008 n. 1990).

Se la condotta dello straniero sanzionata dall'Ago penale è episodica ed occasionale, ed incontestato sia lo svolgimento,da parte dello straniero di una regolare attività lavorativa fin dal suo ingresso nel nostro paese, sia il successivo mantenimento di una condotta pacifica e tranquilla, con conseguente emersione di consistenti indizi di affidabilità ed inserimento sociale, nulla dovrebbe ostare al rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno, pur in presenza di una condanna penale.

Il Tar Lombardia, nella sentenza Sez. I - 16/4/2008 n. 384 ha recentemente esaminato un caso nel quale peraltro lo straniero aveva commesso il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti. 

La pronuncia come evidenziato ha sottolineato che all'interno della norma di cui all'art. 4 comma 3 del D. Lgs. 286/98 - la quale non lascia margini di discrezionalità in relazione all'entità della pena, all'abitualità o alla segnalata occasionalità della condotta sanzionata, nonché circa la valutazione della personalità complessiva dell'imputato - non manca tuttavia la previsione di una possibile deroga, in via eccezionale, ove si ravvisi la "sopravvenienza di nuovi elementi", evidentemente da valutare caso per caso, in rapporto ai dati emergenti dagli atti. 

Se poi lo straniero ha trovato un posto di lavoro in data antecedente al diniego, in tale situazione, il diniego non deve ritenersi atto vincolato, sussistendo la possibilità di una valutazione di merito, ragionevolmente indirizzata ad una diversa conclusione della procedura di rinnovo di cui trattasi, dovendo ritenersi erronea - alla luce di tutte le circostanze sopra esposte - l'avvenuta qualificazione dell'appellante come persona irreversibilmente pericolosa e non inserita, legalmente, nel contesto sociale.

Per maggiori informazioni ed un preventivo contattare Rex Law all'indirizzo: renatomusella@hotmail.com

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