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domenica 3 luglio 2011

Le conseguenze dell'abolizione del reato di immigrazione clandestina dopo la Sentenza della Corte di Giustizia Europea

Il 3/5/2011, la Corte di Giustizia ha dichiarato l'illegittimità rispetto al Diritto Comunitario della normativa nazionale che prevede il carcere per i cittadini di paesi extracomunitari per il solo fatto di non aver ottemperato nel termine di legge l'ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro.

Nell'ordinamento giuridico iltaliano la nota Legge Bossi-Fini aveva introdotto il principio di punizione e costrizione fisica nei confronti degli immigrati che non obbediscono all’ordine di lasciare l’Italia ed aveva introdotto il reato di clandestinità, punito con la pena detentiva fino a 5 anni nel massimo edittale.

Era palese il contrasto tra le previsione contenute nella Legge Bossi-Fini e la Direttiva Europea 2008/115/CE, successivamente emanata, che ammetta il solo trattenimento fisico dei cittadini clandestini solo per il tempo strettamente necessario alla procedura di rimpatrio.

La Corte di Giustizia Europea ha definitivamente posto il rilievo il conflitto tra normativa comunitaria e normativa interna, disponendo che la direttiva 2008/115/CE deve essere interpretata nel senso che la normativa di uno Stato membro non può prevedere l’irrogazione della pena della reclusione per la sola ragione che un cittadino di un paese terzo, il cui soggiorno sia irregolare, abbia violato l’ordine di lasciare il Paese entro un determinato termine.


Di conseguenza sono stati o sono in via di interruzione tutti i processi instaurati contro i clandestini, e ciò in virtù della “abolitio criminis”.

Sempre in applicazione di tale principio, le condanne già inflitte sono in corso di annullamento, in applicazione dell’art. 2 c.p. in fornza del quale nessuno può essere punito per un fatto non previsto dalla legge come reato.

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