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mercoledì 13 aprile 2011

Dubbi di costituzionalità sulla mediazione in materia civile e commerciale

Il TAR del Lazio, con ordinanza 9 marzo/12 aprile 2011, ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, le questioni di legittimità costituzionale in relazione all'art. 5 comma I del D.lgs. n. 28/2010, vale a dire proprio in relazione alla norma che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l'obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e che l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d'ufficio dal giudice.

Con le medesime ordinanze, il TAR del Lazio ha dichiarato rilevanti e non manifestamente infondate, sempre in relazione agli artt. 24 e 77 Cost., le questioni di legittimità sollevate in relazione all'art. 16, comma 1 del medesimo decreto legislativo, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.

A mio avviso, in relazione ai profili di illegittimità costituzionale dell'art. 5 comma I del D.lgs. n. 28/2010, la Corte Costituzionale potrebbe propendere per la dichiarazione di manifesta inammissibilità delle censure di legalità costituzionale sollevate.

Infatti, l'eccezione di incostituzionalità sollevata con riguardo alla norma in esame è in tutto e per tutto analoga a quella sollevata nel 2009 in relazione al presunto contrasto dell'art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 Cost. ed in relazione all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, con riferimento al tentativo obbligatorio di conciliazione avanti ai Corecom in materia di telecomunicazioni.

In tale occasione, con ordinanza n. 51 del 18 febbraio 2009, la Corte Costituzionale aveva dichiarato la manifesta inammissibilità delle censure di legalità costituzionale sollevate.


Infatti, si sosteneva all'epoca che l'introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione avanti ai Corecom limitasse l'accesso alla giustizia per il cittadino e determinasse l'istituzione di un giudice speciale diverso da quello naturale.

Inoltre, si sarebbe in tal modo violato il diritto dell'individuo a ricorrere ai tribunali, vietando espressamente di imporre procedure di definizione extragiudiziale delle controversie.

Di contrario avviso si era dichiarata invece  la Corte Costituzionale, che aveva affermato chiaramente come la previsione di uno strumento quale il tentativo obbligatorio di conciliazione fosse finalizzata ad assicurare l'interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite rispetto a quello conseguito attraverso il processo.

Secondo il Giudice delle leggi l'istituto della conciliazione obbligatoria introdotta dall'art. 1 della legge n. 249/1997 era uno strumento volto ad assicurare un più elevato livello di protezione dei consumatori ed a promuovere la loro fiducia, in linea con le raccomandazioni della Commissione CE del 4 aprile 2001 (Sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo).

In ogni caso l'accesso ai Tribunali non era precluso, in quanto, in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, le parti avrebbero potuto adire i giudici ordinari.

A mio avviso, pertanto, salvo un improbabile mutamento di orientamento, la Corte Costituzionale dovrebbe dichiarare manifestamente infondate le questioni sollevate in relazione all'art. 5 comma I del D.lgs. 28/2010, mentre potrebbe dichiarare fondata la questione di costituzionalità sollevata in relazione all'art. 16, comma 1 del D.lgs. 28/2010, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.

Infatti, la facoltà di creare organismi privati cui viene demandata una funzione giurisdizionale sembra in contrasto con i principi fondamentali cardine dello stato moderno, di derivazione toquevilliana, secondo cui è lo Stato l'unico soggetto ad esercitare il potere legislativo,quello esecutivo e quello giudiziario.




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